Ideato da Croce Rossa Ticino, il progetto didattico punta a sensibilizzare i ragazzi di seconda media.
CHIASSO – La realtà virtuale per prevenire bullismo e cyberbullismo nelle scuole. È il nuovo progetto didattico – denominato Bullying VR – frutto di un anno di sviluppo da parte della Croce Rossa Ticino, pensato per portare in classe uno strumento capace di rendere gli studenti più consapevoli dei propri comportamenti, accessibile tramite l’omonimo sito web bullyingvr.ch.
Cosa trovi nel nuovo sito
Su bullyingvr.ch sono disponibili:
– la visione e la metodologia del progetto;
– la struttura del percorso in classe e gli obiettivi formativi;
– indicazioni su sicurezza, materiali per i docenti e integrazione nei curricoli;
– aggiornamenti e notizie sul progetto.
Barreca, da dove nasce questo progetto?
«Bullying VR nasce dall’esperienza maturata da Croce Rossa Ticino all’interno delle scuole e dai percorsi psicoeducativi sulla prevenzione del disagio giovanile. È stato inoltre constatato che i metodi tradizionali utilizzati in classe non sempre si sono rivelati sufficienti. L’idea è stata quindi quella di creare un team multidisciplinare composto da educatori, psicologi, docenti e sviluppatori. L’obiettivo è offrire alle scuole uno strumento efficace, innovativo, coinvolgente, sicuro e facilmente integrabile nella didattica».
Concretamente, in cosa consiste?
«Il format è pensato per le scuole medie, in particolare per le seconde, e si articola in tre fasi. Innanzitutto, alcuni formatori di Croce Rossa illustrano le conoscenze teoriche su bullismo e cyberbullismo; dopodiché gli studenti indossano i visori per vivere l’esperienza immersiva, suddivisa in tre capitoli narrativi. Possono così sperimentare le prospettive della vittima, del bullo e dello spettatore, compiendo scelte che modificano il risultato finale. Infine, tolti i visori, la classe si riunisce per analizzare le emozioni vissute e le decisioni prese, riflettendo sul significato e sulle conseguenze di ogni scelta».
Quali reazioni avete osservato negli studenti che hanno sperimentato i tre punti di vista?
«I ragazzi sono entusiasti perché vivono un’esperienza immersiva unica e protetta. Spesso restano sorpresi: emerge chiaramente la loro capacità di riconoscere il ruolo dello spettatore, spesso sottovalutato. Molti ammettono di non aver mai riflettuto sulle responsabilità di chi assiste senza intervenire».
Come può il progetto aiutare a prevenire il cyberbullismo, dove le dinamiche sono più nascoste e anonime?
«La prevenzione serve proprio a questo: sviluppare empatia e consapevolezza nei ragazzi affinché sappiano riconoscere tempestivamente i segnali di bullismo e cyberbullismo. Imparano soprattutto a non banalizzare situazioni pericolose. Capiscono che certe scelte possono fare la differenza e, in alcuni casi, salvare vite».
Come possono le scuole misurare i risultati concreti, ad esempio il miglioramento del clima di classe o una maggiore propensione a segnalare abusi?
«Prima di entrare in classe analizziamo la situazione con i docenti, individuando eventuali sensibilità particolari. Alla fine del percorso somministriamo un questionario agli studenti per raccogliere gradimento, suggerimenti e indicazioni. Inoltre, Croce Rossa si propone di restare un punto di riferimento per le scuole che lo desiderano, per continuare a monitorare l’impatto del progetto e sviluppare nuove iniziative di prevenzione».
Può essere un modello esportabile e adattabile ad altri contesti educativi?
«Pur essendo stato validato dal Centro di Risorse Didattiche e Digitali (CERDD) e pensato per studenti di seconda media, il progetto è flessibile. Può essere adattato a bambini più piccoli o ad altri contesti, come gli ambienti aziendali, per affrontare temi legati al conflitto e all’esclusione».